Imprese familiari in Italia: un motore per il nostro Paese

1988

Le imprese familiari in Italia sono state in grado di creare più occupazione: si parla di circa il 15% in più negli ultimi anni. Al contrario, sono invece in calo i posti di lavoro nelle società pubbliche o controllate da fondi o filiali di imprese estere.

Al contrario di ciò che siamo portati a pensare, le imprese a gestione familiare sono in grado di tenere la concorrenza, soprattutto per quanto riguarda il fronte del lavoro. Infatti, secondo alcuni recenti dati diffusi a Trieste nel corso del convegno di Aidaf (l’associazione delle aziende familiari presieduta da Elena Zambon), tenendo in considerazione un lasso di tempo che va dal 2011 al 2015, queste imprese hanno aumentato il numero di occupati di più del 15%, i quali corrispondono a 291.309 nuovi lavoratori.
Negli stessi anni soltanto le cooperative ed i consorzi hanno aumentato l’occupazione (rispettivamente +10,5 e +0,9%), mentre in riferimento alle società pubbliche, quelle controllate da fondi e le filiali di imprese estere, al contrario, c’è stata una riduzione dell’occupazione (-12,8, -7,6 e -0,2%).
I dati più recenti non sono ancora disponibili, ma facendo un confronto tra quelli già consultabili sembrerebbe che la crescita degli occupati sia intorno al 4,3%.

Ma quali tra queste grandi imprese familiari assumono? In particolare, vi sono le aziende che portano nelle proprie casse tra i 100 e i 250 milioni di euro di fatturato che, nei quattro anni presi in considerazione, hanno fatto segnare +20%.
Questo è quello che è stato definito il “quarto capitalismo”, dal momento che sembra avere maggiori capacità di crescita.

Infatti, se guardiamo alle prime 100 più grandi imprese Italiane, 40 sono a capitale familiare: parliamo di aziende veramente grandi come l’Exor degli Agnelli, l’Edizione dei Benetton, Ferrero dell’omonima famiglia, Luxottica dei Del Vecchio, Fininvest dei Berlusconi, Esselunga dei Caprotti. E queste sono soltanto alcune.

Ed è in particolare alle grandi imprese (ma non soltanto queste) che è rivolto il Codice di autodisciplina per le aziende familiari non quotate predisposto da Aidaf in collaborazione con Guido Corbetta, titolare della cattedra Aidaf-Ey dell’università Bocconi e con la supervisione di Piergaetano Marchetti.
Sono stati individuati 13 principi nei quali viene sottolineato il ruolo centrale assegnato all’assemblea per una piena informativa di tutti i soci, in particolare soprattutto per quelli che non sono effettivamente impegnati in azienda; il suggerimento di avere un consiglio di amministrazione al posto dell’amministratore unico e con almeno un consigliere che non faccia parte della famiglia, meglio se indipendente.
Per quanto riguarda le maggiori imprese familiari il consiglio di evitare la concentrazione della carica tra presidente e amministratore delegato nella stessa persona, un caso molto frequente.
Ovviamente, l’adesione a questo Codice è volontaria.