Febbre del Nilo, di cosa si tratta e come si cura questa malattia

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Recentemente in Veneto vi sono stati dei casi di Febbre del Nilo. Quali sintomi ha questa malattia e come viene contratta?

La Febbre del Nilo spaventa il Veneto

La Febbre del Nilo torna a spaventare il Veneto, in particolare il Lodigiano dove è morto il primo paziente affetto da questa malattia in Italia.
Così è scattato l’allarme in questa zona del nostro paese dove le autorità locali hanno previsto degli interventi di disinfestazione e bonifica, in modo da ridurre il numero delle zanzare nella zona. L’amministrazione ha inoltre esortato i cittadini a ridurre gli innaffiamenti, svuotare i sottovasi e tutti i ristagni di acqua ed e attuare trattamenti con prodotti antilarvali e adulticidi.

Cos’è la Febbre del Nilo

Come specificato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), la febbre del Nilo, detta anche West Nile, è una malattia provocata dal virus West Nile (West Nile Virus – WNV), un patogeno del genere Flavovirus che appartiene alla famiglia dei Flaviviridae.
Fu isolato per la prima volta alla fine degli anni ’30 del secolo scorso nel distretto ugandese West Nile (da cui deriva il nome), e da allora si è diffuso rapidamente in vari continenti.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità indica che si trova comunemente in “Africa, Europa, Medio Oriente, Nord America e Asia occidentale”.
Il virus circola normalmente negli uccelli selvatici, e quando vengono punti da una zanzara esso permane nelle ghiandole salivari dell’insetto, dalle quali può essere trasmesso ad altri animali (uomo compreso) con una successiva puntura.
L’ISS specifica che vengono infettati in particolar modo gli equini, ma sono colpiti dall’infezione anche altri mammiferi, compresi quelli da compagnia come cani e gatti.

La specie di zanzara più coinvolta nella trasmissione della febbre del Nilo è la Culex pipiens. Ad oggi non sono noti casi di trasmissione da uomo a uomo, ma l’OMS indica che una percentuale molto ridotta di infezioni si verifica attraverso trapianti di organi, trasfusioni di sangue e latte materno. In letteratura scientifica è inoltre noto un solo caso di “trasmissione transplacentare”, ovvero da madre a figlio durante la gravidanza.

Sintomi e cure della Febbre del Nilo

Per quanto riguarda i cintomi e le cure della Febbre del Nilo è importante prima specificare che il periodo di incubazione della febbre del Nilo, ovvero l’intervallo di tempo che intercorre tra il contagio (puntura da parte della zanzara infetta) e comparsa dei sintomi clinici, come sottolineato dall’OMS è “generalmente compreso tra 3 e 14 giorni”. L’ISS aggiunge che può arrivare anche a 21 giorni “nei soggetti con deficit a carico del sistema immunitario”.

Sintomi della Febbre del Nilo

Nell’80 percento dei soggetti colpiti dal virus WNV, tuttavia, l’infezione è asintomatica, mentre nei restanti casi si manifestano sintomi e segni caratteristici della patologia. Fra questi vi sono:

  • febbre,
  • cefalea,
  • mialgia (dolori muscolari),
  • vomito,
  • ingrossamento dei linfonodi,
  • occhi arrossati
  • eruzioni cutanee.

L’ISS sottolinea che la febbre è generalmente bassa nei più piccoli e alta negli adulti. La forma grave dell’infezione si sviluppa nell’1 percento dei contagiati, in particolar modo negli anziani e nelle persone immunodepresse-compromesse, nelle quali la febbre risulta molto alta e compaiono tremori, forti mal di testa, disorientamento e convulsioni. In taluni casi – uno su mille, indica l’ISS – il virus West Nile può determinare un’infezione cerebrale (encefalite) potenzialmente letale.

Diagnosi e cura

Poiché i pazienti infettati mostrano una sintomatologia aspecifica, che può essere associata a numerose altre condizioni, per una diagnosi corretta è necessario passare attraverso specifici esami di laboratorio che vanno a caccia degli anticorpi/immunoglobuline scaturiti dal contagio, ad esempio nel liquido cerebrospinale. Gli anticorpi permangono per lungo tempo nel sangue dei pazienti, pertanto la loro individuazione può indicare un’infezione avuta in precedenza e già superata.

Ad oggi, scrive l’Istituto Superiore di Sanità, non esiste un vaccino umano per la febbre West Nile (è disponibile solo per i cavalli), e non c’è nemmeno una terapia specifica, dunque il trattamento è espressamente legato al controllo della sintomatologia: si spazia dall’infusione di fluidi al supporto respiratorio. Nella maggior parte dei casi i sintomi tendano a sparire spontaneamente dopo alcuni giorni. Il metodo migliore per prevenire la febbre del Nilo è evitare di essere punti dalle zanzare, seguendo le indicazioni degli esperti e non i cosiddetti rimedi, che nella maggior parte dei casi risultano del tutto inefficaci.